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Dettagli d’artista

 

Della puntualità, costanza e capacità di fotografare implacabilmente tutto un contesto, da parte di Altan, se ne parlava stamani con l’amico Marcello Mangiantini. Parte dell’efficacia nel colpire con la forza di schiaffi poderosi sta sicuramente nella capacità di sintesi del grande autore satirico: le sue vignette sono esempi direttissimi e spietati di come si debba arrivare al punto con elementi minimi, sia grafici che testuali. Niente giri di parole, pochi discorsi, zero confusione o trucchetti di vario tipo: vere baionettate al fegato.

Fra gli elementi della sua poetica che mi hanno sempre attratto ce ne sono due in particolare che mi affascinano parecchio. Il primo è l’asse dei suoi personaggi: spesso quelli ritratti di profilo non sono perfettamente verticali, ma lievemente obliqui, sghembi, quasi sempre all’indietro. Questo li fa leggere al contempo lievemente sulla difensiva, sospettosi dell’altro e precari nella loro condizione esistenziale, come se al baricentro fisico corrispondesse quello morale; la loro meschina fragilità li rende umani, pur se nel loro aspetto più grottesco.

Il secondo aspetto, quello che mi fa davvero impazzire, è la resa delle mani. Altan non disegna quasi mai mani armoniose – qualunque cosa ciò voglia dire, di fronte a un disegno evidentemente pupazzettistico – ma sempre storte, con un dito distante dalle altre. Ecco, al di là dell’effetto zampa porcina, quel dettaglio così minimo, così apparentemente insignificante, mi comunica come null’altro l’inadeguatezza dello stare al mondo di questi personaggi (per inciso: tutti noi); una rigidità manuale che nasconde non so, un imbarazzo, un tic nervoso, una mancanza di serenità che si riflette in quell’atteggiamento-spia.

È in questo tipo di dettagli minimi che, di solito, vedo la grandezza di un artista.

 

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